Dai vostri commenti: spunti e riflessioni per ripartire insieme

 

 

di Ambra Sansolini

La relazione tossica con un/una narcisista. Si può tornare ad amare?

In questo periodo di stop del sito, ho avuto modo di esaminare con calma alcuni commenti dei lettori. Dai medesimi è emerso il dolore e la difficoltà di uscire dalla relazione con un/una narcisista. Pertanto, mi sembra opportuno riprendere con alcune testimonianze dirette di chi ha vissuto lo stesso buio, ma è riuscito poi a scorgere la luce.

Se è complicato gestire rapporti tossici sul lavoro o in famiglia, lo è ancora di più quando subentra l’amore. Ho sottolineato spesso come sia fuori luogo dare il nome di questo nobile sentimento a storie di abuso e inganno. Eppure, c’è qualcuno che ha amato, anche se l’immagine inesistente di un abile prestigiatore di anime. Ha amato, forse in maniera sbagliata, dimenticando sé stesso/a. Ha amato totalmente, perdonando, là dove avrebbe dovuto mandare l’altro a quel paese. Si è messo/a in gioco senza remore o limiti, sperando con dimostrazioni titaniche di redimere un essere, condannato al vuoto e alla noia.
Nel mio romanzo ho parlato di “donne che amano troppo”. Ma esiste una misura alle emozioni? Fa davvero male troppo amore? Ciò che reca danni è amare la persona sbagliata. Tutto qui.
Chiunque abbia vissuto un’esperienza così traumatica, prova una folle paura di riaprire il proprio cuore. Nulla di cui spaventarsi o vergognarsi. Bisogna concedersi il tempo per disintossicarsi. Si esce per forza sporchi di fango, ma l’acqua resta tale nel suo essere pura e cristallina. È l’autenticità a fare la differenza. Non va mai dimenticato che ad attrarre il maltrattante è stata anche la nostra lealtà. Dobbiamo ripartire da qui. Siamo stati dannatamente autentici, veri e spontanei con un soggetto spietato e privo di empatia. Gli abbiamo dato le nostre energie positive, prendendo in cambio la sua rabbia, l’odio, il rancore e il disprezzo per le cose belle. Ci ha inevitabilmente contagiati, ma tutto ciò non ci appartiene. Come un virus, è entrato nelle nostre vene e nei nervi, ma può essere debellato. Sta a noi combattere come fanno i globuli bianchi, quando sono attaccati da un agente nocivo esterno.

 

La violenza delle Istituzioni: “rivittimizzazione” della donna all’interno del diritto di famiglia

Tra gli altri commenti, ho letto invece di donne strette nella morsa delle Istituzioni, abusate da un diritto di famiglia che sta drasticamente assumendo dei connotati patriarcali. Dalle loro parole è emersa chiaramente tutta la difficoltà di sfuggire al proprio aguzzino, soprattutto quando ci sono figli in comune. Una salvezza, che purtroppo appare lontana come il tramonto sul mare all’orizzonte. E allora qualcuna è costretta a ingoiare bocconi amari, a sopravvivere, chinando il capo e facendo una parola di meno. Alcune scelgono di subire per non rischiare di danneggiare i loro bambini. Hanno paura di perdere i figli nella querelle infinita dell’affidamento oppure non dispongono dei soldi per pagare gli avvocati. Tutto ciò poiché difendersi dalla violenza equivale a intraprendere una guerra di potere. Non può essere così. Non deve essere così.

Mi auguro, attraverso i prossimi articoli, di poter ridare la forza a coloro alle quali hanno fatto credere che ribellarsi sia una colpa e restare a subire sia, invece,la via migliore. Sicuramente è la più facile, ma sono i cammini impervi a condurre verso le vette più alte.
“Per aspera ad astra”, affermava lo stoico Seneca. Meglio soffrire e tornare a vedere le stelle anziché rassegnarsi a una morte interiore, al fianco di chi non sa amare e concepisce le persone come oggetti.

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