La “rivittimizzazione” della donna che denuncia l’uomo violento: i bambini sottratti alle madri

 

 

 

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Abbiamo già analizzato cosa succede quando una donna ha un figlio con l’uomo maltrattante e sporge una denuncia per gli abusi subiti: deve affrontare tutto l’iter dell’affido del minore, che molte volte e senza reali motivi viene sottratto a entrambi i genitori e messo in una casa famiglia. Si tratta di una situazione che i media non presentano quasi mai. Solo chi ha conosciuto l’atroce macchina della giustizia minorile, sa di cosa stiamo parlando. Sembra che questo enorme problema sia totalmente scisso dalla violenza sulle donne. E invece costituisce uno dei principali motivi per cui le vittime spesso non denunciano il carnefice e non riescono a lasciarlo: hanno paura di perdere i loro bambini. Dobbiamo ricordare che la minaccia ricorrente dell’uomo violento è proprio quella di togliere i figli alla ex moglie o compagna: un altro modo per uccidere e punire colei che si è permessa di chiudere la relazione. Una scappatoia che equivale a far morire dentro la donna, senza tuttavia diventare colpevole di un reato. Infatti, tutto ciò è sancito e legalizzato dallo Stato italiano. Nel momento in cui viene sporta una denuncia per maltrattamenti in famiglia, automaticamente si perde il sacro santo diritto di fare i genitori: sulla vita del proprio figlio decideranno Giudici, Psicologi e Assistenti sociali.

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Lettere anonime: le condanne dello stalker

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Nei due precedenti articoli, abbiamo preso in esame gli episodi delle lettere anonime ricevute da Agnese per sette mesi (e dell’SMS da utenza rumena). Il Pubblico Ministero ha escluso lo stalking, definendo il tutto una manifestazione di ingiuria, ormai depenalizzata. Poiché su tutti i luoghi frequentati dalle toghe, regna la scritta “la Legge è uguale per tutti”, in virtù di questo splendido e idilliaco teorema, oggi andiamo a vedere come casi analoghi a quello della ragazza ascoltata, siano invece stati approfonditi dalla Magistratura italiana e quindi definiti atti persecutori con tanto di condanna del reo a seguito.

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Di quale giustizia parliamo?

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di Ambra Sansolini

Introduzione

Nel precedente articolo abbiamo analizzato le prove documentali della persecuzione “anonima” subita da Agnese. Adesso invece, prendiamo in esame gli Atti della Procura di Roma, in particolar modo l’analisi del Comandante della Stazione dei Carabinieri cui si rivolse la ragazza e del Pubblico Ministero. La relazione del Comandante è molto importante, perché è tramite la stessa che il Pubblico Ministero si fa un’idea dell’episodio segnalato.
Alcune parti sono state cancellate per motivi di privacy, ma tramite ciò che è lasciato leggibile, si capisce chiaramente come operi la “Giustizia” italiana quando si tratta di violenza sulle donne.

Il Comandante dei Carabinieri

Vediamo cosa scrive un uomo posto a tutela dei cittadini: nella prima riga parla di “condotte diffamatorie” (diffamazione art. 595 c.p.p.) e specifica che le stesse alludono a una relazione sentimentale della querelante con un uomo. Andando avanti, egli si contraddice completamente e nega quanto affermato nella prima riga, asserendo esplicitamente che in tali missive anonime non sono presenti minacce o ingiurie. Si parla di tre lettere, perché al momento preso in esame le missive erano tre. Sottolineiamo che alla fine, in tutto, saranno cinque e che ogni volta Agnese, nonostante la Magistratura italiana continuasse a non aiutarla, ha sporto una querela.
In conclusione, il Carabiniere ipotizza accertamenti tecnici circa la calligrafia dell’autore delle lettere anonime, da confrontare “eventualmente” con quella di due sospettati.

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L’Associazione Olafa organizza una manifestazione a Torino

 

Il 20 gennaio 2018 dalle ore 15 alle 20 ci sarà una manifestazione di protesta con corteo, organizzata dall’Associazione Olafa, che partirà dalla stazione Porta Nuova di Torino e attraverserà le strade del centro, fino ad arrivare in Piazza Vittorio Veneto, dove ci fermeremo.

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Un semplice diverbio o violenza psicologica?

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Dove esiste violenza fisica, c’è sicuramente quella psicologica. Ma non viceversa. Pertanto, sono innumerevoli gli ambiti in cui si compie l’abuso psicologico e soprattutto svariate le modalità. Chiunque, nell’arco della propria vita, ha subito questo tipo di vessazione. Dopo avere imparato bene in cosa consiste, rifletteremo su tutte le circostanze che ci hanno visto vittime di una simile aggressione. Solo allora ci renderemo conto che il numero di quegli spiacevoli episodi è enorme. Perché avviene questo? Come mai è un fenomeno sempre più in crescita e ormai diffuso anche tra i giovani? Qual è lo scopo degli autori del maltrattamento? A tali domande risponderemo nelle seguenti righe.

Quali sono i luoghi in cui si perpetra questo abuso?

Ovunque. Più spesso avviene nei posti di lavoro o all’interno di tutti quei gruppi sociali (famiglia, amici etc.) in cui alcuni membri vogliono dominare sugli altri. La ritroviamo persino negli ambienti che si propongono l’elevazione morale e il sostegno delle persone (associazioni culturali, religiose etc.), poiché è più facile nascondere tale forma di violenza sotto propositi edificanti e “buoni”.

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Donne vittime di relazioni pericolose: come uscire dalla spirale della violenza

Su ali di farfalla: il volo dalla violenza alla libertà
Il volo dalla violenza alla libertà

Domani domenica 14 Gennaio 2018 a Nettuno presso l’istituto Scuola paritaria “San Francesco” in via della Liberazione n.35 si terrà un convegno informativo per prevenire relazioni pericolose.

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Un premio per i lettori

 

Un premio per i nostri lettori:

“Leggere racconti significa fare un gioco attraverso il quale si impara a dar senso alla immensità delle cose che sono accadute e accadono e accadranno nel mondo reale. Leggendo romanzi sfuggiamo all’angoscia che ci coglie quando cerchiamo di dire qualcosa di vero sul mondo reale.
Questa è la funzione terapeutica della narrativa e la ragione per cui gli uomini, dagli inizi dell’umanità, raccontano storie. Che è poi la funzione dei miti: dar forma al disordine dell’esperienza”.
(Umberto Eco)

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Presentazione romanzo: “Su ali di farfalla”

 

di Ambra Sansolini

Introduzione

Il romanzo tratta il tema della violenza sulle donne. La vicenda narra una storia realmente accaduta, attraverso la quale vengono indicati gli strumenti per riconoscere i segnali di un rapporto pericoloso e i mezzi per uscirne. L’intera opera si snoda attorno alla metafora degli stadi di sviluppo della farfalla: dal guscio dell’uovo, al bozzolo, per poi giungere alla crisalide e al lepidottero colorato, che vediamo volare liberamente sui prati verdi. Il libro delinea un quadro difficile e duro della realtà, in cui le vittime sono costrette a lottare non solo contro il carnefice, ma contro un intero sistema. Pertanto, si propone anche di denunciare alcune verità, troppo spesso taciute dai mass media. Lo scopo è quello di far capire che esistono innumerevoli modi per uccidere una donna, molti dei quali non prevedono spargimento di sangue. La nostra protagonista, Agnese, è stata uccisa innumerevoli volte, anche da chi avrebbe dovuto difenderla e invece l’ha lasciata nelle mani sadiche del suo aguzzino. Che ruolo hanno le Istituzioni in questa piaga sociale? Come ha fatto la fanciulla a prendere il volo verso la libertà?

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Prima parte

Nella prima parte si parla della vita di Agnese precedente all’incontro con l’abusante, Leonardo. Tutto ciò, perché è importante mettere in evidenza quali siano i tratti principali che attirano questi uomini. Infatti va sottolineato che ci sono alcune donne più predisposte a relazioni pericolose: “sono quelle che amano troppo”. C’è un punto fondamentale su cui riflettere: l’aggancio. Occorre capire quale sia stato l’anello che ha permesso al carnefice di catturare a sé la vittima. Spesso, ci sono fasi della vita, in cui una persona magari è più fragile ed è proprio in quelle debolezze che va a insinuarsi il “predatore sociale”. Mostrare le proprie ferite può esporre a situazioni simili, perché gli squali, si sa, sono attirati dal sangue. Nessuno arriva dicendoti “ciao sono un mostro”, altrimenti sarebbe facile sfuggirgli. Arriva invece vestito dei tuoi sogni e desideri, indossando ciò di cui hai più bisogno. Si traveste da salvatore o all’opposto da colui che deve essere salvato. Infatti, è attraverso una sagace finzione che il soggetto violento getta la rete per la trappola. Pertanto, uno dei traumi più grandi per la donna è scoprire come la storia d’amore per la quale si è lasciata distruggere, in verità, non sia mai esistita.

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Intervista per Radio Radio 104.5

 

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