Il carnefice e il tribunale: il suo palcoscenico preferito

 

di Ambra Sansolini

Introduzione

Ormai abbiamo ampiamente analizzato i tratti della personalità del carnefice. Da questi approfondimenti, è stato possibile capire che un narcisista perverso o uno psicopatico recita costantemente una parte. È un attore nato e ciò gli permette, all’inizio della relazione, di ingannare la partner e successivamente di attuare il piano di distruzione ai danni della stessa, fingendo la parte della vittima. Un essere simile mente sempre e ripetutamente: lo fa per nascondere i suoi adulteri, per sfruttare economicamente e moralmente chiunque abbia accanto. Dice bugie con il sadico obiettivo di alterare le percezioni della compagna o moglie, onde poi farla passare per pazza.
Ma c’è un luogo in cui egli dà vita alla più grande recita narcisistica: il tribunale.
Ci verrebbe spontaneo pensare che un soggetto imputato per maltrattamenti in famiglia o stalking viva il regno delle toghe con timore e angoscia. Invece no. Il suo delirio di onnipotenza lo induce a sfidare persino la Legge, della quale si sente superiore.

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Il silenzio: il castello tenebroso del carnefice

 

di Ambra Sansolini

Nella violenza psicologica rientra anche il silenzio. Una forma di vessazione difficile da notare e dimostrare, ma della quale un narcisista maligno o uno psicopatico si serve costantemente.

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Quando la corda della trappola diventano i figli

 

di Ambra Sansolini

Introduzione

Quando ci sono figli in comune con l’uomo violento, tirarsi fuori dalla trappola diventa complicato. Abbiamo già analizzato il modo di comunicare dell’abusante ed è stato possibile notare come questo cambi a seconda delle fasi della relazione. Ma c’è un punto in cui raggiunge l’apice del sadismo e questo riguarda la gestione della prole.

D’altronde ha creato famiglia proprio per mettere un laccio alla sua preda e i figli sono l’arma più potente di cui dispone per arrecare danno all’ex compagna o moglie. Va sottolineato però che tutto questo gli è reso possibile da uno Stato che non tutela le vittime di violenza e considera ancora un partner violento come un buon padre. Ogni ramo genitoriale è essenziale per la crescita di un bambino, ma quando siamo davanti a un soggetto patologico non si può lasciare che agisca liberamente o eserciti la potestà senza vincoli. In Italia le donne vengono così lasciate sole a combattere con individui irreprensibili, senza alcuna possibilità di difesa e impedendo loro di tornare a vivere serenamente. Mentre ci auguriamo che questo stillicidio finisca al più presto, intanto forniamo alle vittime gli strumenti giusti per affrontare uomini disturbati e altamente pericolosi. Se nessuno viene a liberarci, dovremmo pur liberarci da sole…

La paternità come maschera del carnefice

Se un Magistrato generalmente dà poco peso agli episodi di violenza segnalati dalla vittima, esiste una condizione in cui questi assumono connotati davvero irrilevanti: quando querelante e querelato si “contendono” uno o più figli.  Allora ogni grido di aiuto viene interpretato solamente come un goffo tentativo per infangare l’altro genitore. Eventualità, questa, che può senz’altro presentarsi, ma che non deve essere trasformata nell’alibi di ferro a favore del carnefice. Diciamo semplicemente che ogni caso è a sé e pertanto andrebbe valutata dettagliatamente ogni storia di violenza, senza l’influenza di pregiudizi o altre generalizzazioni. Purtroppo l’Autorità giudiziaria va ancora alla ricerca dell’aggressione fisica, sottovalutando tutti i segnali che la precedono e che talvolta costituiscono già di per sé una forma di abuso gravissima: la violenza psicologica. Nessuno dà importanza alle continue vessazioni in cui è costretta a vivere una donna che divide dei figli con un narcisista perverso o uno psicopatico, come se in virtù di quella malsana idea della “famiglia a tutti i costi”, essa sia costretta a subire in silenzio. Tutto ciò diventa lo scenario preferito dell’abusante, nel quale si muove abilmente e in modo sadico. La vittima si troverà così completamente sola, intrappolata nelle psicotiche e obbligate comunicazioni con l’ex partner. Dall’altra parte l’aguzzino avrà invece sempre una porta aperta per tenere il contatto e il controllo su colei che ritiene un suo oggetto.

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Mai il braccio di ferro con uno psicopatico

 

Uno psicopatico, finita la relazione (soprattutto quando viene lasciato), deve annientare l’ex compagna o moglie. La grande difficoltà sta nel non cedere mai davanti ai suoi soprusi e ricatti, ma nello stesso tempo non cadere dentro alla trappola delle continue provocazioni e del braccio di ferro, al quale vorrebbe portarvi. Cerca lo scontro in ogni modo, perché è un escamotage per sentirsi considerato e far parte ancora della vita di colei che ritiene la sua vittima.

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Psicopatia: sanità mentale o follia?

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Molto spesso, quando l’uomo che ha commesso l’omicidio della donna o altre violenze a danno della stessa, viene condannato, inizia da parte della difesa la finzione circa una presunta malattia mentale dell’assistito. Tutto ciò al fine di ottenere uno sconto di pena o addirittura l’impunibilità del reo. Ci sono casi in cui, è addirittura la parte lesa ad essere accusata di aver cagionato l’infermità mentale dell’abusante. E allora viene da chiederci: può essere folle, un soggetto che premedita e attua cinicamente la distruzione di una persona? Gode pienamente della salute mentale, un uomo ossessionato dall’idea di annientare l’ex compagna?

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