Stalking: la persecuzione che uccide

Lo stalking isola e uccide in silenzio

 

di Ambra Sansolini

Introduzione

Stalking è un termine di origine inglese, derivante dal verbo to stalk, che significa inseguire, camminare con passo felpato, come fa il cacciatore in agguato. Poi con la letteratura scientifica anglofona, ha iniziato a indicare una serie di comportamenti molesti, caratterizzati da appostamenti nei pressi dell’abitazione personale o dei luoghi frequentati dalla vittima. Vi rientrano anche intrusioni nella vita privata, tramite telefonate e lettere, molto spesso anonime, in ogni caso indesiderate. La condotta molesta, trova espressione anche attraverso atti vandalici, danneggiamento di beni e oggetti di proprietà, diffamazioni, minacce, fino a sfociare nell’aggressione fisica. L’autore del misfatto è definito stalker, persecutore. La vittima è il perseguitato.

Chi è lo stalker?

Può essere anche un estraneo, ma nella maggioranza dei casi si tratta di un conoscente, collega, ex compagno. Quasi tutti gli stalker presentano il disturbo narcisistico di personalità e hanno vissuto nella loro vita una forma di abbandono da parte di una persona cara, che non sono riusciti mai a razionalizzare. Secondo gli studi svolti nel campo, esistono tre tipologie di stalker:
il “risentito”, prova rancore e vuole vendicarsi per traumi affettivi subiti, a suo avviso, ingiustamente. Tale figura coincide molto spesso con l’ex partner;
il “bisognoso d’affetto”, si rende autore di pressioni, convinto che prima o poi la vittima cederà alle sue continue attenzioni e instaurerà una relazione d’amore con lui;
il “corteggiatore incompetente”, attua la persecuzione in modo involontario. Risulta troppo invadente, perché incapace di corteggiare normalmente una donna;
il “respinto”, ossia un ex compagno o marito. Usa il comportamento molesto per vendicarsi del rifiuto della vittima, che ha osato lasciarlo. In maniera perversa, pensa addirittura in questo modo di poter riallacciare i rapporti con la donna;
il “predatore”, la cui condotta è puramente sessuale. Si eccita nel possedere le vittime, dopo avergli messo paura. Si tratta spesso di voyeur e pedofili.

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Chi è la vittima?

La vittima può essere qualsiasi donna. Le reiterate persecuzioni cambiano totalmente la sua quotidianità, tanto da stravolgere la vita sotto ogni aspetto. Chi lo subisce prova paura intensa e angoscia, fino a temere per la propria incolumità e quella dei suoi cari. Vive in uno stato perenne di allerta che le crea un grave stress psicologico.

Qual è lo scopo?

Lo scopo dello stalker è quello di controllare la sua vittima, fino a renderla inerme nelle sue mani. Si tratta di una forma di femminicidio, che mira a ristabilire la supremazia dell’uomo sulla donna. L’obiettivo è quello di annientarla. Togliere ad una persona la libertà, significa ucciderla e privarla di ogni diritto umano.

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Quali sono gli effetti?

Il quadro generale è costituito da una grave forma di ansia, che altera il sonno e altre funzioni vitali. La vittima arriva ad isolarsi e a non uscire più di casa, per la paura di essere ancora oggetto delle molestie. Nei casi più gravi, la donna perseguitata tenta il suicidio.

Patologie

Le patologie riscontrate sono:
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD, Post-Traumatic Stress Disorder), che si manifesta tramite incubi ricorrenti, sensazioni che la persecuzione si ripeta, ricordi involontari. La vittima tende ad evitare qualunque stimolo associato al trauma, riduce l’interesse per la vita sociale e si distacca emotivamente dall’ambiente. Presenta quindi un’affettività ridotta e una visione oscura del futuro.
Il Complex Post-Traumatic Stress Disorder (C-PTSD), che si riscontra a seguito di qualsiasi abuso prolungato nel tempo. Vi rientrano: perdita di autostima, insicurezza, difficoltà ad esprimere le emozioni, alterazione dei rapporti interpersonali.
Malattie psicosomatiche , dovute all’ansia e allo stato di prostrazione psicologica.
Avversione sessuale, conseguente a episodi di stalking con violenze fisiche e sessuali.
Vaginismo, ossia la la contrazione involontaria dei muscoli perineali, che racchiudono il terzo esterno della vagina, rendendo dolorosi e talvolta impossibili i rapporti intimi. Questo effetto è direttamente legato alla sfera femminile e sottolinea come ogni manifestazione di femminicidio, miri a ledere la donna nel suo essere donna.

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Norme giuridiche

Lo stalking, in Italia, rientra nel reato di “atti persecutori” ( art. 612-bis c.p.), solamente a partire dal 23 Febbraio 2009. Il primo Stato a introdurlo nell’ordinamento giuridico, fu la California nel 1990.
L’artcolo 612-bis, al comma 1 recita:

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Peculiarità del reato di stalking

Si tratta di un reato procedibile a querela, ma anche d’ufficio qualora si tratti di un minore o di una persona disabile, oppure il reato è legato con altro delitto procedibile d’ufficio e quando lo stalker ha già ricevuto l’ammonizione del questore.
Può essere considerato un affinamento del reato di violenza privata, poiché indica nello specifico, un tipo di condotta molesta e soprattutto ne sottolinea il carattere temporale.

Come si manifesta?

Non sempre è lo stesso stalker a pedinare la vittima, ma accade che si serva di conoscenti, familiari o amici. In tal modo, la donna potrebbe non accorgersi di essere seguita. Risalire al fatto e dimostrarlo all’Autorità Giudiziaria, è ancora più difficoltoso.
Nei casi invece di telefonate o lettere anonime? L’individuazione dell’autore, richiederebbe degli accertamenti probatori che spesso i P.M. si rifiutano di fare: ad esempio la prova calligrafica oppure le intercettazioni telefoniche. Si ricerca solamente la prova palese, come la minaccia di morte o l’aggressione fisica, andando così contro la  sostanza del reato di stalking, che invece tratta gli atti persecutori. Essendo un delitto difficilmente dimostrabile, ne costituisce prova, lo stato di ansia e di angoscia della vittima. Nella realtà invece, la prostrazione psicologica in cui vive la donna, viene totalmente ignorata, anche in presenza di certificati medici.

Conclusioni

Molte donne sono state uccise, sfregiate, aggredite, dopo aver sporto una querela per stalking. Che senso ha, disporre di una legge, senza applicarla? Qual è l’effettiva utilità di questo articolo penale, se bisogna aspettare l’aggressione fisica, perché s’instauri un processo?
La verità è che la donna perseguitata, è solamente un numero e una pratica all’interno dei fascicoli della Magistratura. Nessuna pena e nessun risarcimento pecuniario, potrebbe essere pari alla sofferenza e ai danni patiti dalla vittima. Ma sapere il proprio stalker impunito e libero di perseguitarla, può aumentare notevolmente l’ansia e la paura della donna. La Giustizia dovrebbe essere anche un mezzo atto a favorire la guarigione di chi subisce violenza. Perché tutte le vittime si ammalano e anche in quelle sopravvissute, muore una parte di loro. Se chi le ha lese nei diritti umani non viene punito a norma di legge, con quali occhi le donne dovrebbero ancora guardare al futuro?

Un passo indietro e uno in avanti

Proprio nelle ultime ore, c’è stata la proposta dell’esecutivo per rivedere la riforma penale del Ministro di Grazia e Giustizia, Andrea Orlando, attuata lo scorso Giugno. L’introduzione dell’art. 162 ter c.p., “Estinzione del reato per condotte riparatorie”, inerente al reato di stalking, aveva scatenato giustamente un putiferio. Secondo tale riforma, il giudice poteva dichiarare il reato estinto, qualora l’imputato avesse riparato interamente il danno cagionato, tramite una cifra stabilita dal reo e poi approvata dall’Autorità Giudiziaria. In quest’assurda giustizia riparatoria, la vittima spariva totalmente dal processo, poiché non aveva alcuna voce in capitolo, neppure circa la cifra da stabilire per il risarcimento. Tale normativa era un modo per alleggerire il sistema penale. Ma perché  alleggerire i compiti del Tribunale penale, snellendo proprio le cause più importanti? Finalmente però il governo è intervenuto in merito, con un emendamento al decreto legge fiscale, depositato proprio un giorno fa.
Ma resta il fatto che fare un passo indietro e poi uno in avanti, significa restare fermi. E noi invece dobbiamo andare avanti, nell’arduo sentiero contro la violenza sulle donne.

 

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