La violenza economica : un altro abuso invisibile

La violenza economica come schiavitù

di Ambra Sansolini

Una forma subdola di violenza

La violenza economica, come quella psicologica, è difficile da individuare. Non lascia tracce visibili o prove eclatanti, per cui è complicato riconoscerla anche da parte delle vittime.

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In quale ambito sociale si compie

Tale fenomeno avviene all’interno del nucleo familiare. E’ espressione dell’abuso di potere da parte del coniuge o compagno. Un’analoga forma di assoggettamento, la troviamo nel mondo del lavoro. Infatti la famiglia, non è che il microcosmo della società.

Chi è il carnefice

La violenza economica è perpetrata dall’uomo, nel ruolo di marito o compagno. Ciò è riconducibile al sostrato storico e culturale, che lo associa alla figura del “pater familias”.

 

Chi sono le vittime

Questo abuso riguarda esclusivamente le donne. Affonda le radici nella nostra cultura. Infatti, fin all’epoca romana, la figura femminile era circoscritta all’ambito familiare, di cui doveva essere fedele custode: “l’angelo del focolare”.

Donne e mondo del lavoro

Nonostante l’emancipazione femminile, iniziata negli anni sessanta del secolo scorso, oggi le donne presentano ancora tassi di occupazione minori rispetto agli uomini. Vengono spesso retribuite di meno. Per dedicarsi alla famiglia, non di rado si accontentano di contratti part-time o di lavori precari. Sono fortemente penalizzate e ancora discriminate per via delle gravidanze. Tutto ciò, avviene in modo indirettamente proporzionale al livello d’istruzione, che nell’universo femminile supera di gran lunga quello maschile.

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Un mezzo di prevaricazione

Il carnefice usa questo tipo di abuso, per mettere la donna in una condizione subalterna. Tale violenza assume tutti i tratti di una forma di schiavitù. E’ dunque uno strumento per tenere la vittima sotto controllo.

In cosa consiste

Viene attuata tramite :

– la limitazione o la negazione dell’accesso alle finanze familiari;

– il mancato adempimento dei doveri di mantenimento stabiliti dalla legge;

– il divieto o le azioni atte a osteggiare la professione della donna o gli studi;

– l’uso coercitivo dei risparmi e dei guadagni della moglie o partner;

– lo sfruttamento delle donna come forza lavoro, all’interno dell’azienda familiare, senza alcuna retribuzione;

–  l’attuazione di ogni norma giuridica a danno della donna e vantaggio personale (intestazione d’immobili, divisione dei beni all’interno del matrimonio etc.);

– occultamento delle effettive risorse economiche e patrimoniali della famiglia;

– azioni coercitive per obbligare la donna a firmare documenti, contrarre debiti, intraprendere iniziative economiche pericolose e volte alla truffa.

Gli effetti

Perdita di autostima, ansia e depressione. Defraudata di ogni risorsa economica, la donna è costretta a vivere isolata. La sua esistenza si consuma solo all’interno delle mura domestiche e quindi sempre sotto il potere sconfinato dell’aguzzino. Privata della propria indipendenza, diventa assai complicato lasciare il marito o compagno.

Violenza economica e legislazione

Trattandosi di una sottospecie di violenza domestica, tale abuso rientra all’interno dell’art. 572 c.p.p. dei “maltrattamenti in famiglia”.  Si ravvisa altresì nel reato di violenza privata (art.610 c.p.p.) e di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art.570 c.p.p.)

Ci sono stati casi in cui l’abusante, è arrivato a minacciare il datore di lavoro della ex compagna o a diffamarla gravemente, con l’obiettivo d’impedirle l’esercizio della professione. Si configurano così i reati di stalking ( art.612 bis) e diffamazione (art. 595 c.p.p.)

 

Possibili soluzioni

I centri antiviolenza, ormai diffusi in tutta Italia, mettono a disposizione alcune case rifugio per le donne e i loro figli. Tuttavia lo Stato non offre, in questo ambito, adeguati sussidi. Di conseguenza le suddette strutture, dispongono di un numero di posti, assai inferiore all’alto tasso d’incidenza della violenza domestica. L’ospitalità va dai sei agli otto mesi : un lasso di tempo troppo breve, per garantire alle vittime la pianificazione di una nuova vita.

Un altro motivo, che spiega perché molte donne non lascino il loro aguzzino. Una spiegazione in più, per evitare sterili giudizi, che semplificano una realtà assai complessa.

 

 

 

 

 

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