La comunicazione paradossale

La comunicazione paradossale: in cosa consiste e come salvarsi

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Come comunica l’uomo maltrattante? In modo paradossale e assurdo. Si tratta di una forma subdola di violenza e manipolazione, attuata nella fase iniziale del rapporto e dopo la separazione o il divorzio, nel caso in cui vi siano figli in comune. Lascia segni permanenti nella vittima, che si sente intrappolata in dialoghi privi di senso e senza uscita.

La corda

Arriva un punto in cui la relazione idilliaca dei primi tempi, con le parole romantiche e le promesse d’amore, lascia spazio a frasi incomprensibili, taglienti come lame. L’aguzzino soffoca così la donna, come se le mettesse attorno al collo una corda. Questa inizia a interrogarsi sulla propria capacità comunicativa, poiché i messaggi che veicola al partner, non vengono recepiti. Ad aggravare tutto ciò, subentra poi la proiezione del senso di colpa, fatta sadicamente dall’abusante per destabilizzare ancora di più la compagna o moglie. In fondo la comunicazione è alla base di ogni rapporto umano, ma rappresenta il primo ingrediente che manca all’interno di situazioni in cui vige un modello dominante. Diventa per l’aguzzino il mezzo principale attraverso cui distrugge l’autostima dell’altra persona.

Quali sono gli effetti?

Questa prima forma di vessazione, ha effetti a breve e lungo termine. Immediatamente la donna viene assalita da innumerevoli dubbi, provando un forte senso di colpa per ciò di cui in verità, non è affatto responsabile. Successivamente la sensazione d’impotenza, si trasforma nella paralizzante percezione di stare sul punto d’impazzire. Trovando davanti a sé l’insormontabile muro di gomma del maltrattante, senza possibilità alcuna di un vero dialogo e confronto, si autoconvince di essere lei il soggetto patologico. Ricordiamo che spesso il carnefice, decide di uccidere la donna non con un coltello o la pistola, ma facendola consumare lentamente tramite un’agonia infinita, provocata dalla violenza psicologica. Anche se questo tragico fenomeno viene taciuto dalla TV e dai quotidiani, probabilmente perché presenta tratti meno lampanti a livello scenico e desta una scarsa attenzione da parte del pubblico, risulta essere più diffuso rispetto alle aggressioni fisiche, descritte nei casi di cronaca. Occorre sottolineare anche la difficile dimostrabilità di questi fatti, grazie alla quale l’aguzzino riesce il più delle volte a distruggere la preda, senza che venga punito penalmente.

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Quando si manifesta la comunicazione paradossale?

In genere, questo tipo di comunicazione non comunicazione, viene usata ad hoc dall’uomo violento, dopo la fase di corteggiamento sfrenato (che gli studiosi chiamano “love bombing”) e durante la separazione o il divorzio, per tutto ciò che concerne la gestione dei figli in comune. Dai chiari tratti provocatori, cerca la reazione emotiva della donna e allo stesso tempo ha lo scopo di trascinarla in discorsi cervellotici. Possiamo facilmente immaginare quanto numerose siano le questioni da trattare nei casi in cui vi siano minori in affidamento condiviso. L’abusante è e sarà eternamente un non rassegnato alla fine del rapporto, per cui l’unica rivalsa che gli resta, è quella di cercare un contatto con la vittima. Naturalmente è un approccio sempre atto a schiacciarla, giocato tutto sul binomio dominante-dominata.

Come salvarsi?

Uscire illesi da una comunicazione paradossale, è davvero complicato. Pertanto, il primo consiglio, è quello di ridurre al minimo, qualsiasi forma di pseudodialogo con il carnefice. Si rende necessario abbandonare ogni intento di farsi capire, senza sprecare energie provando a condurre alla ragionevolezza l’interlocutore violento. Non esiste logica né razionalità nel mondo del perverso. E` utile esprimersi con frasi imparziali, prive di qualsiasi connotazione emotiva. L’ironia potrebbe essere un’ottima via di fuga, ma senza esagerare, perché rischierebbe di scatenare ancora di più il velenoso sarcasmo del maltrattante. Ricordate sempre che persino una semplice domanda, nasconde altri scopi più profondi. Un tale soggetto patologico, è il maestro del doppio gioco e dei sotterfugi. «Nulla è fine a sé stesso»: fu questa una delle frasi che mi ripeteva spesso quando lo credevo essere l’uomo cavaliere dei primi tempi, naturalmente nella sua onnipotente e narcisistica certezza che non avrei mai potuto capirne il senso. Oggi, a distanza di molti anni, collego tutto. Prestate attenzione anche a questi segnali di allarme che vi manda lui stesso: ci sono dei piccoli avvertimenti, sui quali il carnefice gioca per testare la distanza che lo separa dal mondo delle persone “normali”. Il fatto di risultare incomprensibile, alimenta il suo smisurato e vuoto ego. Un narcisista perverso o uno psicopatico, ci guarda come esseri miserevoli e da compatire.

Alcuni esempi

Ci sono delle formule ricorrenti nella comunicazione paradossale, tanto che vi sarà facile notare, quanto l’aguzzino possa risultare ripetitivo nei suoi messaggi. Non avendo una personalità ben strutturata, è come una macchina. Si presenta robotico nelle azioni, così come nelle parole. Questo è senz’altro un punto a vostro favore, poiché una volta apprese certe coordinate, verrà naturale leggere la mappa della sua illogicità e prevederne le mosse. In fondo egli si muove sempre lungo lo stesso binario e a parte il potere d’ingannare e manipolare, non riesce ad interagire con gli altri.
Passiamo ora ad alcuni esempi concreti:

-1) «Ti sei mostrata ancora una volta per quella che sei»;
-2) «Maria è così: un giorno ti ama e l’altro ti odia»;
-3) «Tutti hanno sentito ciò che hai detto e sono rimasti sconvolti»;
-4) «Complimenti! Sei proprio una brava madre!»;
-5) «Non hai mai fatto nulla per gestire civilmente i bambini»;
-6) «Avere con te una normale gestione genitoriale, è impossibile».

Esaminiamo ognuna delle suddette frasi: nelle frasi 1) e 2), l’abusante, poiché mente e accusa in modo calunnioso, non entra mai nel particolare, ma generalizza. In effetti viene spontaneo chiedersi, in che senso Maria sia così. Egli tralascia la questione principale. In questo modo, non formula un vero e proprio insulto, ma ferisce l’autostima della partner, molto più che se avesse semplicemente asserito «sei una persona di poco valore». Si potrebbe obiettare il tutto, chiedendogli cosa intenda nello specifico con quelle asserzioni, tanto per fargli capire che avete capito la sua tattica. Ma state pur certe che non avrete alcuna spiegazione in merito, perché egli si affiderebbe a giri di parole tali, da non aggiungere alcuna informazione al messaggio precedente. Per cui il silenzio come risposta, è sempre la cosa migliore da scegliere.
Nella frase numero 3), l’aguzzino si serve del pronome indefinito “tutti”,per avvalorare la sua tesi. Tutti chi? Ancora una generalizzazione per mentire spudoratamente e far sentire in colpa la vittima. Nel quarto caso, troviamo invece il malvagio sarcasmo, atto sempre a distruggere l’autostima della donna. Spesso quando fa i complimenti per qualcosa, oltre che in tono sadico e con l’intento di ferire l’altra persona, in maniera inconscia, si sta complimentando veramente con voi. Usa la parola “complimenti”, quando siete riuscite a sfuggirgli alla trappola comunicativa. Tale esclamazione risulta essere la sua ciambella di salvataggio, ma potete stare certe, che il carnefice è in seria difficoltà, in quanto ha fallito nel tentativo di stabilire la sua supremazia. Anche nella quinta asserzione, con il pronome indefinito “nulla”, supporta l’accusa d’inciviltà alla sua ex compagna o moglie. Ma cosa ha fatto concretamente quella donna per non essere civile? Il soggetto patologico non lo dirà mai, perché in effetti non esistono motivazioni a sostegno della sua tesi. Nella sesta e ultima situazione, si serve dell’aggettivo “normale”. Questo è uno degli attributi di qualità più usati dall’aguzzino, perché uno dei suoi obiettivi principali, è convincere voi stesse e gli altri, di non essere mentalmente sane. Come la goccia che buca la pietra, se per anni e anni viene detto a una persona di essere pazza, alla fine si persuaderà di esserlo.

Conclusioni

La violenza psicologica si snoda attorno a comportamenti, silenzi e parole, ma sono queste ultime a sopraffare maggiormente la donna, anche in caso di separazione o divorzio. Allontanarsi dal carnefice, può mettere fine alle vessazioni fisiche, ma non alle continue e crudeli sentenze, sputate dalla sua bocca. Ciò accade soprattutto quando si dividono con lui dei figli. Per questo è fondamentale poter contare sulla presenza di un Avvocato e non arrovellarsi il cervello sulla vuota comunicazione del carnefice. Un noto proverbio afferma che «ferisce più la lingua che la spada», eppure la nostra Legge e i media, sembrano considerare solamente i casi sanguinosi e cruenti. Dobbiamo invece cominciare a renderci conto che esistono migliaia di donne condannate a vivere l’inferno sulla terra, perché costrette dalle Assistenti Sociali, ad interfacciarsi con un soggetto patologico. Possibile che gli Psicologi delle CTU e le Dottoresse in questione, non si accorgano di avere di fronte un uomo con un grave disturbo di personalità? Ci sono aguzzini che decidono di uccidere la vittima lentamente, usando la pericolosa arma della violenza psicologica. Certe volte il loro scopo è distruggerla, facendola impazzire. Quante donne sono morte così? Quante ancora devono pagare, perché si metta fine a questa mattanza? Quale pena è stata inflitta a chi ha portato alla malattia mentale una donna sana? Quando inizieranno ad essere adeguatamente puniti per i loro errori di valutazione (volontari e non), i Giudici del Tribunale dei Minori e le Assistenti Sociali? “Ci siamo sbagliati” non basta a sanare anni di sofferenza dilaniante e morti inconcepibili. Perché si muore: si muore a causa delle parole usate come lame, si muore dopo anni e anni di umiliazioni, si muore a causa della violenza psicologica. La vera morte, prima ancora di quella fisica, è mentale. Concludiamo con alcuni versi della poesia di Martha Medeiros, giornalista e scrittrice brasiliana: «[…] Evitiamo la morte a piccole dosi,/ricordando sempre che essere vivo/richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del/semplice fatto di respirare./ Soltanto l’ardente pazienza/porterà al raggiungimento/di una splendida felicità.» Mentre le donne reagiscono agli abusi con una pazienza disumana, il nostro Stato deve promettere e impegnarsi affinché questo scempio non avvenga mai più.

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