Stalking: la persecuzione che uccide

 

di Ambra Sansolini

Introduzione

Stalking è un termine di origine inglese, derivante dal verbo to stalk, che significa inseguire, camminare con passo felpato, come fa il cacciatore in agguato. Poi con la letteratura scientifica anglofona, ha iniziato a indicare una serie di comportamenti molesti, caratterizzati da appostamenti nei pressi dell’abitazione personale o dei luoghi frequentati dalla vittima. Vi rientrano anche intrusioni nella vita privata, tramite telefonate e lettere, molto spesso anonime, in ogni caso indesiderate. La condotta molesta, trova espressione anche attraverso atti vandalici, danneggiamento di beni e oggetti di proprietà, diffamazioni, minacce, fino a sfociare nell’aggressione fisica. L’autore del misfatto è definito stalker, persecutore. La vittima è il perseguitato.
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Se questo è amore…

Scritto e interpretato da Ambra Sansolini

"SE QUESTO È AMORE". Scritto e interpretato da Ambra Sansolini.Chi ti ama, non ti vuole diversa: lo sfogo di una donna vittima di violenza. La destabilizzazione emotiva di chi subisce violenza psicologica e la conseguente accettazione di quella fisica. Per non sentire più la banale domanda: "Perché se la picchiava, non lo lasciava?" La risposta datela voi, dopo avere visto questo cortometraggio.

Pubblicato da Ambra Sansolini su giovedì 9 novembre 2017

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti, è puramente casuale.

Il femminicidio nelle opere letterarie

di Ambra Sansolini

Introduzione

Il femminicidio, pur essendo un termine coniato in epoca moderna, compare anche in tutta la letteratura, fin da quella più antica. Il primo uso del termine è del 1990, per opera della docente femminista di Studi Culturali Americani, Jane Caputi e poi della criminologa Diane E.H. Russell. Quest’ultima, nel libro scritto insieme a Jill Radford, dal titolo “Femicide: The Politics of woman killing”, specifica che per “femmicidio” s’intende una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna “in quanto donna”. Da ciò si deduce che la violenza sia la conseguenza di una tendenza misogina.

La cultura della violenza

La letteratura e in generale ogni forma di cultura, veicolano messaggi capaci di condizionare la vita delle persone. Le opere letterarie sono spesso lo specchio della società, ma nello stesso tempo la plasmano. Così, insieme ad altri fattori, una letteratura che presenta come normale e addirittura lodevole, la violenza sulle donne, contribuisce a radicare nei lettori, quella malsana convinzione.
La letteratura, avendo spesso come tema centrale l’amore, non poteva esimersi dal presentare legami con la violenza sulle donne. Infatti per creare una società in cui non vi siano più abusi sulle donne, occorre prima educare all’amore.

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La donna e quella violenza iniziata tanti anni fa

 

di Ambra Sansolini

La donna nella preistoria

Nella preistoria la donna aveva un ruolo centrale, in quanto creatura capace di donare la vita. Esisteva infatti il culto della dea Madre.
Con l’avvento del patriarcato, già a partire dal paleolitico e dal neolitico, iniziava invece ad essere proprietà dei capi tribù.

Un bagliore di luce nel buio

Una breve parentesi si avrà con l’avvento dei Sumeri, della civiltà egizia e poi dei Babilonesi: la donna aveva la sua indipendenza giuridica ed era protagonista della realtà socio-politica.

La donna nell’antica Grecia

Nell’antica Grecia, la donna era considerata un essere inferiore e per questo era reclusa dentro le mura domestiche. Non era un soggetto politico, bensì solamente una fonte di piacere sessuale. Viveva quindi in uno stato di completa minorità rispetto all’uomo. Incapace di fare testamento, era soggetta alla tutela del padre e del marito. Ritenuta un essere irresponsabile, il suo adulterio era punito con la morte, proprio come è accaduto in Italia fino al 1981, con il delitto d’onore. Aristotele affermava che «il silenzio reca grazia alle donne» e Platone le definiva “inganno astuto”. A conferire loro il vero valore, fu Euripide ( V sec. a.C.): « Le donne sono la coscienza critica della società e sono sottoposte a destini atroci, perché si è consapevoli della loro forza titanica».

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Amarsi per amare: come prevenire la violenza sulle donne

 

di Cristina Cannas

Introduzione

Oggi riportiamo un’analisi dettagliata del fenomeno della violenza domestica, effettuata da Cristina Cannas. Una donna che, per esperienza personale e attraverso i racconti di altre donne, ha rilevato alcuni tratti ricorrenti all’interno di questo pericoloso meccanismo. Ci ha fornito dei preziosi spunti di riflessione, partendo dal racconto della storia personale di una sua amica, il cui nome “Maria” è puramente di fantasia.

La gabbia dorata

Quando ho avuto l’occasione di parlare con Maria, mi ha detto che aveva sfiorato l’inferno. Era in una “gabbia dorata”, come la canzone di Tiziano Ferro, le cui parole recitano: “Ho vissuto tanti anni in una gabbia d’oro, sì forse bellissimo, ma sempre in gabbia ero”. Chiunque dall’esterno poteva giudicare il suo rapporto invidiabile. Quante donne, sono imprigionate ancora in un legame che la gente da fuori, definirebbe “perfetto”?

Pregiudizi sociali

Da queste parole, ho capito che esiste una specie di automatismo, per cui se sei giovane, carina, hai un bel marito, con un buon lavoro, una bella casa, un’auto lussuosa e puoi permetterti di viaggiare o fare shopping, non puoi non essere felice e appagata. Cosa ti manca? Hai tutto e se ci rinunci, sei stupida.

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Il pianista della piazza

 

di Ambra Sansolini

Un giovane ragazzo, uno di quelli che dovrebbe stare già inserito nel mondo del lavoro. Si trova in una piazza, con un pianoforte di legno mezzo rotto, su cui mancano persino alcuni tasti. Ma le note del cuore le possiede tutte. Compensa il vuoto dei tasti con le vibrazioni dell’anima.
Non passa la giornata a fare il bullo in chat. Non si adegua a una società piena di violenza. Sogna di trovarsi in una grande orchestra. Non vede i volti dei passanti, perché sta vivendo il suo sogno. E il suo sogno è quello di mettere in pratica una dote innata. E’ vestito tutto elegante, con il papillon. Perché è così che ci si presenta in una mise da teatro.

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Il suicidio delle vittime: le morti silenziose

 

di Ambra Sansolini

Il suicidio delle donne vittime di violenza, fa parte di una lista nera. Mentre i mass media veicolano ogni giorno notizie sul femminicidio, delle donne che si uccidono a seguito delle violenze subite, nessuno ne parla. Perché questo silenzio?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità : effetti letali della violenza di genere

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S) nel 1947 ha definito la salute come “stato di benessere fisico, psichico e relazionale”. Qualora uno di questi tre elementi venga alterato, si può parlare di “malattia”.

Da un rapporto pubblicato dall’OMS, in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine e la South African Medical Research Council, la violenza contro le donne è definita come “un problema di salute di proporzioni globali enormi”. Gli effetti causati da tali abusi sono morte e lesioni; depressione; abuso di alcol; malattie sessualmente trasmissibili; gravidanze indesiderate e aborti.

Come si arriva al suicidio?

Secondo i dati diffusi dall’ “Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna”, le donne che hanno subite più violenze dal partner, hanno riferito la perdita di fiducia e autostima, sensazione d’impotenza (44,5%), disturbi del sonno (41%), ansia (36,9%), depressione (35,1%), difficoltà di concentrazione (23,7%), dolori ricorrenti in tre diverse parti del corpo (18,5%), difficoltà a gestire i figli (14,2%), idee di suicidio e autolesionismo (12,1%). La paura, l’angoscia e lo stress associato agli abusi da parte dell’ex o del compagno, possono portare a problemi di salute cronici quali mal di testa o dolori alla schiena, sintomi di svenimento, disturbi gastrointestinali e cardiaci, come ipertensione e dolore precordiale.

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In collegamento una donna uccisa da chi diceva di amarla

  1. Scritto e interpretato da Ambra Sansolini

 

In ricordo di tutte le donne uccise per mano di chi diceva di amarle ❤️ #2novembre #bastafemminicidio

Pubblicato da Ambra Sansolini su giovedì 2 novembre 2017

Alda Merini: la poesia in risposta alla violenza

 

di Ambra Sansolini

La condizione subalterna della donna nell’ambito familiare

Alda Merini è stata una delle numerose donne sottoposte, contro la sua volontà, alle cure psichiatriche legalizzate dallo Stato. Fu il marito a chiamare l’ambulanza e a farla ricoverare. Come ella stessa scrisse, nell’opera autobiografica, “Diario di una diversa”, nel 1965 “la donna era soggetta all’uomo”, che poteva decidere della sua vita.

La Legge sui manicomi

Alda Giuseppina Angela Merini, venne quindi internata a sua insaputa. In quel tempo ancora vigeva la Legge n°36 del 1904 che regolava la “Disposizione sui manicomi e sugli alienati”: “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé e agli altri o riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché dai manicomi”.

La violenza psicologica

Alda non costituiva alcun pericolo per la vita degli altri. Giovanissima, aveva già una famiglia e due bambine da crescere. Passava le giornate dividendosi tra la cura delle figlie e le ripetizioni scolastiche, che impartiva ad alcuni alunni. Si descriveva felice, ma spesso avvertiva una profonda stanchezza, a causa del gravoso lavoro familiare . Parlò di questo suo malessere con il marito, che non accennò minimamente a comprenderla.

Vedi anche

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