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“Attento a lei”: storia di un abuso narcisistico

di Ambra Sansolini

Introduzione

Oggi analizziamo un brano musicale di Antonello Venditti, intitolato “Attento a lei”. In questa canzone si delinea perfettamente un quadro di abuso narcisistico, compiuto da una donna ai danni dei suoi partner. Con ciò ricordiamo che il nostro sito prende in esame soprattutto la violenza sulle donne, ma l’intento non è affatto quello di dividere e creare astio tra i due sessi. Nessuno vuole far passare gli uomini come mostri. Ci auspichiamo invece una reale parità e uguaglianza, lontane dai modelli patriarcali e retrogradi del nostro sostrato culturale. I dati allarmanti della situazione in Italia ci parlano di creature femminili come vittime all’interno di contesti familiari. Anche per motivi ormonali e biologici, lo spicchio di mondo a tinte rosa è meno portato all’aggressività e alla violenza: in quel caso si tratta infatti di abusi per lo più psicologici.

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Mario Bragaglia e quella violenza psicologica vinta con il sorriso

 

di Ambra Sansolini

Introduzione

Abbiamo avuto il piacere di ascoltare ancora Mario Bragaglia, in arte Brandon Braching, relativamente al tema della violenza psicologica. Qualche giorno fa, è stato inserito sul sito un test per accertare quanto sia drammaticamente diffuso questo tipo di abuso. Dal sondaggio effettuato è venuto fuori che le persone maggiormente colpite sono quelle sicure di sé, dal carattere forte e capaci di prendere sempre una posizione. In effetti lo scopo principale della vessazione psicologica è proprio quello di minare l’autostima dell’altro. Non c’è nulla di più sbagliato che considerare la violenza come un fenomeno riguardante esclusivamente le persone deboli: in verità accade soprattutto a quelle forti per cercare di indebolirle. Sono invece sempre fragili coloro che la compiono.

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Mario, sei mai stato vittima di violenza psicologica?

Sì, mi è capitato numerose volte.

Questi episodi avvenivano soprattutto tramite azioni oppure parole?

Gli attacchi brutali erano verbali. Ci sono alcune parole che feriscono più delle lame e ti fanno sentire morto dentro.

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A tu per tu con Agnese: l’immobilità dell’anima

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

 

Violenza psicologica e dipendenza affettiva. Ormai ne sentiamo parlare tanto, perché rendono la donna inerme nelle mani del suo carnefice. Psicologi e Psichiatri possono spiegarci meglio questi fenomeni, ma venire a contatto con le sensazioni di chi ci è passato può aiutare a riconoscersi in certe descrizioni. Cosa prova la vittima in quei momenti? Perché anche la più forte diventa improvvisamente fragile e incapace di reagire? Nel romanzo “Su ali di farfalla” si parla anche di questo. Ma per non dilungarci troppo, sono state saltate alcune parti del racconto di Agnese. Riprendiamo quelle dichiarazioni, con lo scopo di rendere chiaro il motivo per cui è sbagliato definirle “donne fragili” e ancora di più giudicarle perché non lasciavano il loro compagno o marito.

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«Sentiva in cuor suo di voler prendere una decisione senza tuttavia riuscire a farlo» (“Su ali di farfalla”, terza parte). Agnese, perché non riuscivi a decidere? Cosa ti bloccava?

Non è facile spiegare cosa si prova in quei momenti. La confusione è così profonda che non riesci più a capire cosa vuoi davvero. Volevo lasciare Leonardo, ma quando ero sul punto di farlo, puntualmente non ce la facevo.

Facciamo un passo indietro. Per quale motivo sentivi il desiderio di lasciare Leonardo?

Mi ero accorta che non era più il fidanzato dolce, premuroso e romantico dei primi tempi.

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Lentamente si muore a causa della violenza psicologica

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Non si muore solo con una pallottola o una lama. Si muore ogni giorno, quando un uomo si arroga il diritto di sentirsi superiore. Stiamo parlando della violenza psicologica all’interno della coppia, che può portare anche al decesso della vittima. Umiliazioni, silenzi, provocazioni continue. L’intento di soggiogare la donna con la paura e il ricatto. Un incubo che dura anni e nessuno vede, se non chi lo vive. Le conseguenze sono deleterie. Riconoscerlo, si può. Non esiste un limite preciso tra una semplice offesa o mancanza di rispetto e la violenza psicologica. Perché si tratti di quest’ultima, bisogna notare la reiterazione degli episodi e le sensazioni della donna, che sa per certo di stare male, ma non conosce bene le ragioni di quel malessere.

Se ti senti così…

Se ti vedi brutta, ti percepisci incapace, non all’altezza, inadeguata. Se non sai stirare bene le camicie e non pulisci alla perfezione. Se le faccende di casa sono unicamente affar tuo. Se non ti senti libera e a tuo agio nell’ambiente domestico. Se ogni volta che sogni di fare qualcosa, puntualmente arriva lui a ricordarti che non ce la farai e stai solo perdendo tempo. Se tutto ciò che pratichi non è degno di stima e attenzione. Se la colpa è sempre la tua. Se sei la bambina cattiva da educare e punire. Se, quando non fai come dice lui, sei una poco di buono. Se riesce a farti compiere azioni lontane dal tuo codice etico e morale. Se, in virtù di alcuni valori, ti sottopone a pressioni e insiste nel chiederti qualcosa. Se, mentre piangi per le offese ricevute, ti deride e si prende gioco persino del dolore che ha causato lui. Se non puoi permetterti di rispondergli con un secco no. Se tutto ciò che proponi e progetti non trova mai realizzazione concreta, perché egli sa come mandarlo all’aria. Se non puoi gestire l’economia della famiglia, perché l’unico a disporre dei soldi è lui. Se vivi tutto questo, sei dentro alla violenza psicologica.

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Cosa non si fa per un amore da favola?

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

L’infanzia delle creature femminili è sempre stata accompagnata dalle favole. Un costume radicato quello di far crescere le bambine con l’idea che la felicità coincide sempre con una storia d’amore. Le protagoniste sono donne che devono essere salvate o al contrario che devono liberare l’uomo da un destino malvagio. In ogni caso sono costrette a guadagnarsi il sentimento con mille peripezie e sofferenze. Come se l’amore fosse un merito, un premio elargito dall’altra persona, qualcosa da conquistare, rinunciando persino a sé stesse. Alla base della violenza sulle donne c’è anche questo sostrato culturale. Se la mente di una bambina viene plasmata da tali modelli, non meravigliamoci quando da adulta sarà la compagna o moglie disposta ad accettare qualsiasi sopruso, pur di guadagnarsi una briciola di amore.

Cenerentola

Quale bambina non è venuta a contatto con la favola di “Cenerentola”? La vita disagiata della protagonista tra le prepotenze della matrigna e delle sorellastre sembra poter trovare un bagliore di luce con l’arrivo del principe. La figura maschile è presentata come degna delle prove, che devono superare le donne per prendere il suo cuore. Questa situazione ci ricorda un po’ l’harem del narcisista perverso, che crea appositamente competizione e gara tra le varie pretendenti, nuove e del passato. La solidarietà tra creature femminili viene così seppellita, perché diventa prioritario ottenere le grazie e l’attenzione dell’uomo. Riflettiamo e pensiamo che se le donne fossero più unite, riuscirebbero a mettere fine alla violenza.

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Siate ribelli e streghe

 

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

La violenza sulle donne ha alla base anche fattori socio-culturali. Quasi tutte le storie vedono come vittime persone per bene. È un caso oppure c’è un motivo preciso? I carnefici scelgono le loro prede, non gli capitano. Invece a queste ultime accade d’incontrare il loro aguzzino. Un incastro pericoloso, che può portare al tragico epilogo finale. Cosa accade perché si realizzi l’aggancio? Come fanno due persone completamente diverse a innamorarsi e a fare progetti di vita insieme?

La luna e il sole

Il profilo dell’uomo maltrattante ci parla spesso di un soggetto instabile, che conduce una vita spericolata tra alcol e droghe oppure all’inverso disegna i tratti di una persona insospettabile, ma pur sempre affetta da varie manie e compulsioni. Dall’altra parte invece troviamo una donna solare, educata, inserita in un contesto sociale. La ragazza brava a scuola, che conduce una vita sana e semplice. Una creatura femminile che sogna una quotidianità normale. Due esseri opposti e contrari, che a un certo punto uniscono le loro strade. La luna, che gravita nelle tenebre e nell’oscuro e il sole, che fa brillare tutto ciò che illumina, anche di luce riflessa. D’un tratto si crea un pezzo di cielo riservato alla presenza di entrambe. Le storie di violenza sembrano riportarci al teorema per cui poli opposti si attraggono. Non vogliamo assolutamente presentare la diversità come qualcosa di negativo, poiché è il principale elemento di arricchimento umano. Ma perché si costituiscano le basi di una solida relazione, devono pur starci delle affinità e dei tratti in comune. Allora, cosa attrae due persone così lontane nello stile di vita? Perché la vittima non si rende conto degli squilibri del compagno o marito?

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La “rivittimizzazione” della donna che denuncia l’uomo violento: i bambini sottratti alle madri

 

 

 

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Abbiamo già analizzato cosa succede quando una donna ha un figlio con l’uomo maltrattante e sporge una denuncia per gli abusi subiti: deve affrontare tutto l’iter dell’affido del minore, che molte volte e senza reali motivi viene sottratto a entrambi i genitori e messo in una casa famiglia. Si tratta di una situazione che i media non presentano quasi mai. Solo chi ha conosciuto l’atroce macchina della giustizia minorile, sa di cosa stiamo parlando. Sembra che questo enorme problema sia totalmente scisso dalla violenza sulle donne. E invece costituisce uno dei principali motivi per cui le vittime spesso non denunciano il carnefice e non riescono a lasciarlo: hanno paura di perdere i loro bambini. Dobbiamo ricordare che la minaccia ricorrente dell’uomo violento è proprio quella di togliere i figli alla ex moglie o compagna: un altro modo per uccidere e punire colei che si è permessa di chiudere la relazione. Una scappatoia che equivale a far morire dentro la donna, senza tuttavia diventare colpevole di un reato. Infatti, tutto ciò è sancito e legalizzato dallo Stato italiano. Nel momento in cui viene sporta una denuncia per maltrattamenti in famiglia, automaticamente si perde il sacro santo diritto di fare i genitori: sulla vita del proprio figlio decideranno Giudici, Psicologi e Assistenti sociali.

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Lettere anonime: le condanne dello stalker

 

di Ambra Sansolini

 

Introduzione

Nei due precedenti articoli, abbiamo preso in esame gli episodi delle lettere anonime ricevute da Agnese per sette mesi (e dell’SMS da utenza rumena). Il Pubblico Ministero ha escluso lo stalking, definendo il tutto una manifestazione di ingiuria, ormai depenalizzata. Poiché su tutti i luoghi frequentati dalle toghe, regna la scritta “la Legge è uguale per tutti”, in virtù di questo splendido e idilliaco teorema, oggi andiamo a vedere come casi analoghi a quello della ragazza ascoltata, siano invece stati approfonditi dalla Magistratura italiana e quindi definiti atti persecutori con tanto di condanna del reo a seguito.

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Di quale giustizia parliamo?

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di Ambra Sansolini

Introduzione

Nel precedente articolo abbiamo analizzato le prove documentali della persecuzione “anonima” subita da Agnese. Adesso invece, prendiamo in esame gli Atti della Procura di Roma, in particolar modo l’analisi del Comandante della Stazione dei Carabinieri cui si rivolse la ragazza e del Pubblico Ministero. La relazione del Comandante è molto importante, perché è tramite la stessa che il Pubblico Ministero si fa un’idea dell’episodio segnalato.
Alcune parti sono state cancellate per motivi di privacy, ma tramite ciò che è lasciato leggibile, si capisce chiaramente come operi la “Giustizia” italiana quando si tratta di violenza sulle donne.

Il Comandante dei Carabinieri

Vediamo cosa scrive un uomo posto a tutela dei cittadini: nella prima riga parla di “condotte diffamatorie” (diffamazione art. 595 c.p.p.) e specifica che le stesse alludono a una relazione sentimentale della querelante con un uomo. Andando avanti, egli si contraddice completamente e nega quanto affermato nella prima riga, asserendo esplicitamente che in tali missive anonime non sono presenti minacce o ingiurie. Si parla di tre lettere, perché al momento preso in esame le missive erano tre. Sottolineiamo che alla fine, in tutto, saranno cinque e che ogni volta Agnese, nonostante la Magistratura italiana continuasse a non aiutarla, ha sporto una querela.
In conclusione, il Carabiniere ipotizza accertamenti tecnici circa la calligrafia dell’autore delle lettere anonime, da confrontare “eventualmente” con quella di due sospettati.

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